mercoledì 30 novembre 2011

Iper-stasi, ovvero scolpire il tempo immobile


Ed ecco l'iper-stasi. Per molto tempo la cultura si è mossa con lentezza pachidermica. Le novità del pop arrivavano a passi lunghi, con la placida temporalità dilatata degli spostamenti tettonici. L'attualità cambiava lentamente, il ciclo del mutamento era lungo. Le traiettorie del pop non potevano essere osservate a occhio nudo perché, semplicemente, i loro spostamenti erano troppo lenti e regolari per essere colti in presa diretta. Ma, dice Reynolds, il movimento in avanti era costante e progressivo. L'idea che quello che il domani sarebbe stato più ricco di oggi. Semplicemente perché sarebbe stato diverso. Ogni tanto arrivavano sismi improvvisi e lo spostamento diventava evidente. Il punk, l'apparizione dell'hip hop. I Velvet Underground o Pet Sounds, Loveless o la Jungle, Dylan o il Post-punk. Qualcosa cambiava e tutti se ne rendevano conto, ma l'esplosione del cambiamento era generata da una sorta di potente e irresistibile accumulo energetico generato dal movimento sotterraneo e di lungo periodo. La musica pop, anche quando sembava immobile, continuava a premere in avanti, in modo irresistibile. La pressione del terreno generava affioramenti di diamanti. Le rocce si sgretolavano, colpite da ondate successive. Forse non vedevi il cambiamento, ma sotto sotto sentivi che alla fine la marea avrebbe avuto ragione della stasi rocciosa.
Nell universo iper-statico della connettività illimitata, tutto avviene in modo frenetico. L'immobilità è percorsa da strane vibrazioni. Niente sta davvero fermo, ma tutto sembra muoversi in cerchio. La cultura del sampling e del loop è davvero un emblema perfetto della nostra epoca: l'idea che il passato – anche quello appena trascorso – sia un deposito di codici dai quali attingere frammenti ricombinabili a piacimento. Codici che si ripetono in cerchio, perfettamente a tempo, sequenze di bit che plasmano in un flusso di metallo liscio la ruvidezza e l'attrito del suono analogico. Anche l'errore è previsto dal sistema come effetto di profondità. Ariel Pink che sommerge sotto nebbie di disturbo i suoi riff e le sue melodie. Gli Hauntologisti che generano paesaggi sfocati. La psichedelia dissolta attraverso le abrasioni del feedback. È l'effetto instagram: la fotografia retro creata digitalmente. La simulazione del passato come modo per staccarsi dal presente e non pensare al futuro. DJ Shadow, il profeta sampledelico, che costruisce un disco di soli suoni ripresi e riusati, mentre Dangermouse mette in mash-up i Beatles e Jay Z creando il Grey Album. Kanye West che riprende i Daft Punk che riprendono qualcun altro. Il gioco dell'influenza come guscio nel quale raggomitolarsi, tranquilli, fetali, aggiornando pagine, mettendo in pausa un vecchio video su Youtube, skippando canzoni, costruendo librerie sonore su misura per la nostra disponibilità intermittente di tempo, twittando in tempo reale, uploadando la mostra musica preferita.
William Gibson ha parlato, a questo propositò, di a-temporalità radicale: una temporalità bloccata che sembra fatta per favorire il consumo di prodotti che stanno tutti sullo stesso piano temporale, e rispetto ai quali è difficile introdurre un criterio di precedenza e successione. Come succede al lavoro quando le urgenze e le attività da svolgere si accumulano, la cosa più difficile diventa definire delle priorità. Cioè compiere delle scelte.

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