lunedì 28 maggio 2012
COSMOPOLIS: la mistica del cybercapitale
Nel 2003, quando il libro uscì in Italia, scrissi questa recensione. In questi giorni, nelle sale, c'è il film di Cronenberg, per cui ho deciso di riproporla.
La situazione è stabile. La parola stabile non significa più niente, la situazione non esiste più. Eric Packer è un miliardario, un surfista che corre su onde di instabilità. Il denso mare ondulatorio è interrotto solo dall’apparente realtà degli oggetti. Oggetti troppo concreti per avere ancora un senso nel suo mondo. Pistole, telefoni, automobili. Packer vive in un utero immateriale, scomposto, scomponibile. Numeri, parole, informazioni. Tutto può essere ridotto ad entità discrete, scomposte, scomponibili. Esistono solo le unità, depurate e fluttuanti, atomi infinitamente ricombinabili. Packer ama la fisica e la poesia. File di lettere sulla pagina bianca, alternanza ritmica di pieni e vuoti, la sua casa di quarantotto stanze ha pareti costellate di tele coperte da ampie campiture di colore. Solide, monotone, già vecchie. Packer preferisce il vecchio al nuovo, perché il vecchio ha perso ogni illusione di significare oltre se stesso. Packer sa che solo ciò che fluttua instabile ha ancora un senso. Il senso è il ritmo dei numeri che si contraggono e si espandono. Numeri che solo lui può decifrare. Packer vive tra fluttuazioni monetarie, lo Yen sale senza fermarsi. Imprevedibile, e lui lo ha previsto.
Nella sua limousine bianca, inapparente e impossibile da distinguere da tutte le altre, Packer filtra informazioni, ostinato radar umano che si contrae e si espande. Dietro il suo autista, scivolando lungo le strade di New York, Packer è l’uomo comune, senza qualità, senza caratteristiche che lo distinguano da tutto quello che lo circonda. È solo una pioggia di unità infinitesime che giocano a disporsi in costellazioni provvisorie. Packer accoglie tutti nella sua limousine bianca, è il suo ufficio. La parola ufficio non significa più nulla, ha perso ogni saturazione. Non è più il tempo del digitale, del tattile, del palmare. Il futuro è il tempo della voce, dei colori in espansione. Packer ha in casa tele di Rothko, non le migliori. Macchie in espansione. Niente figure, niente spessori: solo superfici piatte che respirano, polmoni a saturazione cromatica. “Ogni attacco ai confini della percezione sembra imprudente, all’inizio”. Scommettere sulle fluttuazioni del mercato valutario è un attacco ai confini della percezione. Il mercato respira nell’atmosfera satura e densa creata dall’incontro tra tecnologia e capitale.
Il mercato fluttua in piogge di numeri che si dispongono in diagrammi. Formano figure organiche, riscrivono il codice della vita, simulano creazioni e distruzioni di mondi. Conchiglie, frattali, ali d’uccello, ossa cave che spingono verso l’alto. Anche Packer vuole salire, farsi risucchiare verso l’alto dalle ossa cave del mercato, come un uccello mitologico. Nella limousine bianca, mentre sugli schermi al plasma scorrono indici e flussi numerici, Packer parla con il suo analista valutario, con la guardia del corpo, con la moglie, con il medico. Le intrusioni della realtà alterano appena l’equilibrio della sua sfera di attenzione. Mentre New York scorre, appena percepibile, accanto alla limousine, Packer si interroga sui rari segni che sembrano staccarsi con più forza dalla superficie delle cose reclamando un supplemento di attenzione. I modelli standard non consentono più di leggere la complessità crescente del mercato: solo le eccezioni sono degne di nota. Le asimmetrie alterano lo sfondo compatto della città per offrire la chiave di accesso alle leggi della biosfera finanziaria: un silenzio da interpretare, un’irregolarità alla prostata, una diminuzione dei consumi, l’oscura minaccia di un attentato, il funerale del rapper sufi Brutha Fez. Il traffico si infittisce, si blocca, ebrei cassidici ripetono contrattazioni millenarie, forme obsolete di circolazione del denaro, ancora troppo concrete, che non significano più nulla per il futuro. Packer cerca l’immateriale, l’unità intangibile, la legge dello scambio e dei rapporti tra le persone. L’unico modo per arrivare alla legge generale è restare aggrappato ai particolari: piccole incrinature che affiorano e scompongono la superficie omogenea del futuro.
Per un giorno intero Eric Packer viaggia attraverso questi flussi di eventi depurati, li traduce in cifre e in curve di prevedibilità, confronta sistemi infinitamente distanti, rintraccia regolarità e scommette sull’instabilità caotica e sempre identica dei desideri umani. Il suo sogno è la cancellazione di sé. Vuole fondersi con diagrammi e onde finanziarie, per ricongiungersi alla figura originaria che regola la nascita delle forme organiche e la struttura catastrofica dei mercati. Il cybercapitale produce il tempo, crea il futuro, spinge il presente oltre se stesso polverizzandolo in unità di misura inconcepibili dalla mente umana. Packer cerca di sintonizzare il battito cardiaco su questo tempo ondulatorio, vuole afferrane le leggi, è disposto a pagarne il prezzo: l’esaurimento del proprio tempo fisico, la realizzazione della minaccia. La vita contratta in un punto, bruciata in un giorno radioso al sole dei mercati finanziari. In Cosmopolis Don DeLillo, dopo aver braccato da vicino la complessità esplosa del reale (Rumore Bianco, Underworld), segue la via opposta: restringere il quadro, levigare la pagina, scrivere sotto vuoto, condensare il mondo per farlo entrare in una limousine bianca che corre tra le torri di vetro di New York, città cosmo.
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