Non vorrei che questo si trasformasse in un sito di necrologi, ma ieri – dopo Conrad Schnitzler – se n'è andato anche Akira "Joe" Yamanaka, leggendario cantante dei Flower Travellin' Band. Nella famosa foto di copertina di Anywhere, che Julian Cope ha usato per Japrocksampler, quella in cui una congrega di scoppiatoni giapponesi se ne va nuda in chopper lungo una strada desolata, Joe è il motociclista con l'incredibile capigliatura afro. Voglio dire: un giapponese afro nudo su una moto alla fine degli anni sessanta... Pare se la fosse fatta crescere dopo aver fatto parte del coro dell'edizione giapponese di Hair ed essere completamente uscito di testa per l'esperienza. Oltre che musicista è stato anche un attore, piuttosto popolare nella parte da duro.
Allora, se qualcuno non ha mai ascoltato i Flower Travellin' Band, occorre dire due cose. La prima è che sono proprio come li si vede in quella foto, talmente assurdi e selvaggi e caricaturali da risultare del tutto autentici. La seconda è che il loro secondo 33 giri, Satori, del 1970, è un pezzo di rock incandescente staccato da qualche pianeta e caduto sulla Terra – nelle viscere del monte Fuji, ovviamente – per rinascere sotto forma di mastodonte elettrico. Molto spesso, i gruppi giapponesi hanno preso quello che veniva fatto altrove portandolo a un livello di estremismo ulteriore. Satori ne è un perfetto esempio: suona come se una band di power rock alla Blue Cheer avesse collegato un sitar a un amplificatore e avesse deciso di suonare i Black Sabbath per un gruppetto di monaci shintoisti folli. È blues elettrico portato oltre il livello della decenza. Un'odissea hard rock talmente potente da suonare quasi oscena. Le canzoni di Satori non hanno titoli. Solo I, II, III, ecc. Ascoltate "Satori I". Forse non è la voce che noterete, in un pezzo che è una specie di orgia chitarristica uscita da un mondo parallelo (Julian il druido ha definito il disco "un festival di adorazione della chitarra diretto dal maniaco Hideki Ishima"). Ma l'urlo iniziale di Joe Yamanaka, quello non lo dimenticherete. Nella successiva "Satori II", tra lancinanti riff orientaleggianti e una batteria rotolante e minacciosa, Joe recita una nenia che concilia l'oriente e il blues, con i versi memorabili: "There is no up or down/Death is made by the living/Pain is only intense to you/The sun shines everyday/Freedom freedom". Che sarebbe paccotiglia kitsch da stonati, se la musica non ti portasse oltre il sole, rendendo quelle parole bellissime.
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