giovedì 1 settembre 2011

RYAN MCGINLEY, LA DOLCE ALA DELLA GIOVINEZZA


Il fotografo Ryan McGinley lo conoscete se avete comprato Með suð í eyrum við spilum endalaust, cioè il disco dei Sigur Rós del 2008, quello con un gruppo di ragazzi che corrono verso le verdi colline dopo aver scavalcato un guard rail, con addosso solo le scarpe. Oppure, potrebbe avervi colpito la copertina de Il Regno Animale, romanzo d'esordio di Francesco Bianconi dei Baustelle. È la foto di una ragazza piuttosto androgina. A coprirla solo un coyote vivo, sulle spalle. Graffi sul ventre e sulle cosce. Per capire che non è una ragazza e avere, se siete etero, una conferma dei vostri gusti sessuali, dovete osservare bene, perché potrebbe essere anche un ragazzo bellissimo, mezzo elfo e mezzo alieno. La ragazza guarda in camera con uno sguardo leggermente strabico. L'asimmetria degli occhi la rende ancora più intrigante. E poi c'è il lupo, anche lui ha lo sguardo in camera. È un po' spaesato, non credo che gli capiti tutti i giorni di stare sulle spalle di una ragazza nuda.
Lo stile di Ryan McGinley è molto interessante ed è in assoluto equilibrio tra perfezione della resa estetica e leggero spaesamento indotto da cose che non dovrebbero stare assieme. I suoi nudi sono corpi e volti imperfetti, appena usciti dall'adolescenza, ma del tutto a loro agio nel muoversi in scenari naturali incantati. C'è una specie di vena atletica nelle sue ragazze che saltano e si tuffano, o che sembrano soffiate nella foto da un colpo di vento, nei gruppi arrampicati in cima agli alberi, nei ritratti con animali che sembrano spiriti guida non ancora staccati del tutto dal teenager che sta per diventare adulto. Ninfe ed elfi usciti da una rivista di moda che abitano in un mondo di boschi, laghi, stagni, erba, alberi, gufi, coyote, cerbiatti, pavoni, alligatori, ragni. I suoi modelli intrattengono con la natura un dialogo che sembra essere precluso a tutti noi e che durerà per un tempo molto breve. Un giorno smetteranno di parlare il linguaggio fatto di gambe troppo magre e muscoli allungati. I loro nervi si faranno spessi, le indecisioni delle forme prenderanno una direzione definitiva. La fine della metamorfosi.
A volte le foto, in un bianco e nero estremamente pulito o a colori, con aloni e margini sfumati che trasformano gli occhi e i seni - esposti alla luce del sole o della luna - in doppi eterei, metà corpo metà spirito, raccontano dialoghi segreti. Mi ricordano certe immagini di Larry Clark o di Gus Van Sant, trasfigurate in una sorta di incanto cosmico (credo sia questo che ha attratto i Sigur Ros). Sufficientemente ammiccante da piacere anche al mondo della moda (ha fatto tra l'altro campagne pubblicitarie per la Levi's),  McGinley è un cocco della comunità chic newyorkese e definisce le proprie opere come "un incontro tra fotografie di nudisti, porno vintage e le copertine di Sports Illustrated". Quello che mi inquieta e attrae, nei suoi lavori, è una vocina che sembra sussurrare e che dice "Guardateci, non sarete mai come noi, e anche noi – finché saremo vivi – non potremo mai più essere così belli".

Il sito di McGinley è ryanmcginley.com












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