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In questi ultimi tempi l'effetto retromaniaco ha fatto sì che anche alcuni generi improbabili stiano riemergendo dai bauli polverosi in cui erano stati confinati. Chi l'avrebbe mai detto che anche la musica new age, quella da sottofondo kitsch delle cassette per meditare, tutta piogge di sintetizzatori analogici, suoni di onde che si infrangono sul bagnasciuga e melodie atmosferiche, sarebbe riemersa come tendenza degli anni 10 del nuovo millennio? Un'altra imbarazzante passione che alcuni di noi ora possono rivelare senza rischiare di attirarsi gli sguardi di compatimento degli amici e lo stigma dell'esclusione sociale.
C'è comunque molto di più, oltre alle voci impostate da induzione ipnotica e i cristalli da appendere al collo. Voli cosmici sulle tracce dei Tangerine Dream, percussioni etniche immerse in fumi di incenso, olii essenziali spalmati sulla schiena mentre in tv và Il Signore del Male di John Carpenter interrotto dalla pubblicità di libri sulla crescita personale. Vapori ipnagogici e modellini dello Space Shuttle. Il tempo, come dice Reynolds, ha perso la sua direzionalità, e aprendo una porta potremmo entrare nella cameretta di un nerd che sta studiando le tecniche di controllo mentale della Dharma Corporation di Lost oppure ritrovarci una libreria degli anni settanta a comprare i libri di Peter Kolosimo. Questa forma di new-new-age (come la definisce Maurizio Blatto nella sua intervista a Reynolds uscita su Rumore di questo mese) è parte di quell'ondata di "Spectral Americana" di cui il nostro Simon parla nel capitolo di Retromania "Fantasmi di futuri passati": alcuni dei musicisti della nuova era dell'Acquario rientrano nel gran calderone del pop hauntologico (o chill-wave, o glo-fi, a seconda della sfumatura che preferiamo), una forma musicale dai contorni mobili e amebiformi emersa negli ultimi due-tre anni negli Stati Uniti e caratterizzata, un po' come la britannica hauntology, dal recupero di frammenti musicali del passato offuscati e semicancellati. Una musica che attraversa certe dimensioni temporali in uno stato stuporoso da sonnambuli e che riattinge soprattutto al pop anni ottanta radiofonico, tra Hall & Oates, i Foreigner e la colonna sonora di Miami Vice. Il tutto evocato attraverso placide nebbie di disturbi radiofonici (come in Ariel Pink) o tramite la ri-creazione della condizione di chi è stato bambino negli anni ottanta. Un'estetica fatta di vecchie vhs di fantascienza, frammenti di exotica che si rifanno più a Magnum P.I. che alla lounge music anni sessanta. Elettronica analogica da kraut rock mescolata a teen movie con ragazze in bikini, come l'allucinazione di Molly Ringwald in un porno patinato o un remake psichedelico di Robocop. Tra i rappresentati della linea hypnagogica, troviamo gente come James Ferraro (già con gli Skaters), i fanatici del loop cosmici Emeralds, Toro-Y-Moy, col suo soul synth-pop pieno di venature black, i disneyani acidi Ducktails e il ronzante e spaziale Oneohtrix Point Never, con i suoi concept di astronauti nella guerra fredda. I nuovi fanatici della new age vengono da qui, mescolando kitsch e stati alterati di coscienza e creando degli anni ottanta in bassa fedeltà, oggetti di amore della psiche sognante che non sono mai esistiti. Su tutti, i Dolphins into The Future e gli Stellar Om Source, con i loro panorami di foreste da depliant di viaggio conditi con cascate di sintetizzatori e frammenti di melodie cristalline.
Allora, tiriamo fuori dal ripostiglio la nostra vasca di deprivazione sensoriale, accendiamo una decina di candele profumate e apprestiamoci a fluttuare nello spazio.
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