mercoledì 8 giugno 2011

ASPETTANDO RETROMANIA 2: MUZAK E ARCHIVIO


Nessuna nostalgia, però, solo considerazioni su come la musica viene repurposed, riorientata in termini di uso. La musica digitalizzata, scambiata, condivisa, messa in rete, si presenta sempre più come una sorta di esperienza di background in un mondo di utenti multitasking. Anche Wagner, o Arvo Pärt o Robert Wyatt o Lady Gaga o Jay Z o The Streets o i Kyuss o i Can o gli Arcade Fire sono musica di sottofondo, surrogati di musica, muzak, o meglio ancora, surrogati di muzak, in un movimento di ritorno. Cose che si ascoltano facendo altro. Gli hard-disc dei computer come immensi archivi in cui puoi trovare di tutto e in cui ciascuno va a conservare quantità di musica che non riuscirà mai ad ascoltare nemmeno se consacrasse l'intera vita all'esperienza di ascolto. Il tema della pulsione, del movimento compulsivo. Bloggare, twittare, scaricare, condividere, accumulare come atti non connessi a un desiderio specifico, ma consegnati alla meccanicità della pulsione, in una dimensione decisamente ossessiva. Reynolds, che prende queste considerazioni da un altro autore, non è così negativo, considera comunque il meccanismo di accesso alla musica digitale connesso alla spinta del desiderio. Certo è che in rete ci si sposta spesso per movimenti laterali, si parte magari dal desiderio, ad esempio la ricerca di qualcosa che avremmo sempre voluto ascoltare e che ora possiamo trovare facilmente, per poi passare in modo compulsivo da un link all'altro, guidati da un'immagine, da un tema, da un interesse.

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